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"Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in difetto né in eccesso, avremmo trovato la strada per la salute"
"Non basta prevedere la malattia per guarirla, occorre insegnare la salute per conservarla"
Ippocrate IV secolo a.C
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lunedì 28 novembre 2011

Carboidrati

Sono sostanze ternarie perché costituiti da atomi di: carbonio, idrogeno e ossigeno; sono legati tra loro in diversi modi per formare catene semplici o complesse.
Forniscono energia immediatamente disponibile e sono il combustibile di tutti i processi organici, per questo la loro funzione è principalmente energetica, ma non solo: unendosi alle proteine formano la sostanza fondamentale che riempie gli spazi tra una cellula e l’altra e tra le fibre muscolari.
Per questi motivi rappresentano la componente fondamentale della dieta: il 50/60 % del fabbisogno calorico giornaliero. La loro distribuzione durante la giornata deve essere equilibrata, per fornire l’energia necessaria allo svolgimento delle varie attività.
Vengono classificati come: MONOSACCARIDI, DISACCARIDI, POLISACCARIDI.
MONOSACCARIDI: catena formata da unità saccaride, sono: glucosio, fruttosio e galattosio.
Il glucosio si trova nei cibi ma può essere anche ottenuto dagli aminoacidi o altre sostanze attraverso il processo di gluconeogenesi. Dopo l’assorbimento può essere usato come energia o trasformato in glicogeno epatico e muscolare.
Il fruttosio si trova nella frutta e nel miele, si trasforma in glucosio all’interno del fegato.
Il galattosio non si trova libero in natura ma solo legato al lattosio.
DISACCARIDI: saccarosio, lattosio, maltosio.
Il saccarosio lo troviamo nella barbabietola da zucchero, nello zucchero di canna ed in quello grezzo, nel miele e nello sciroppo d’acero.
Il lattosio può essere prodotto artificialmente e lo troviamo nel latte e derivati. La sua intolleranza è dovuta alla carenza dell’enzima lattasi.
Il maltosio lo troviamo nella birra, cereali e germogli.
POLISACCARIDI: amido, maltodestrine e glicogeno.
L’amido è un polisaccaride vegetale che si trova nelle granaglie e nei semi, viene definito carboidrato complesso.
Le maltodestrine rientrano nella categoria degli amidi e si trovano nei farinacei.
Il glicogeno è lo zucchero organico di scorta, il corpo lo può immagazzinare nel muscolo e nel fegato. Per questo è necessario mantenere il suo livello costante ai fini sportivi (performance più lunghe ed intense), di difesa e per la funzionalità epatica. La sua presenza assicura una buona ritenzione idrica (1gr. trattiene 3 gr. di acqua) indispensabile per un corretto funzionamento organico.
Una buona disponibilità dei carboidrati permette di non ricorrere alla dispendiosa trasformazione degli aminoacidi in glucidi (quindi risparmio proteico), senza dimenticare che alcune strutture fondamentali al corretto funzionamento del nostro corpo dipendono dalla glicolisi. Per queste funzioni sono sufficienti 180 gr. di carboidrati al giorno, quantità che per questo rappresenta il nostro fabbisogno giornaliero minimo.
Il nostro corpo riesce ad usare solo glucosio quindi gli zuccheri complessi devono essere trasformati, questa trasformazione (dalle strutture complesse alla struttura semplice) avviene nel fegato.
Ultimamente molte diete si basano sull’Indice Glicemico (I.G.) che è il rapporto tra la curva di assorbimento di 50 gr. di glucosio con quella di un qualsiasi alimento. Questo valore non è da considerarsi assoluto perché influenzato da diversi fattori: grado di maturazione dell’alimento (frutta), tipo di cottura ed infine persona di riferimento. In questo caso l’I.G. varia a seconda della massa del soggetto e della sua sensibilità insulinica, motivo per il quale è un valore necessario nel controllo delle persone diabetiche ma non nella composizione della dieta di soggetti non afflitti da questa patologia.
Se vogliamo controllare il consumo di carboidrati impariamo a differenziare tra quelli semplici e quelli complessi, cercando di limitare il consumo dei primi; per fare questo è sufficiente, ad esempio, dolcificare le bevande (caffè, tè, ecc.) o gli alimenti (yogurt) con dolcificanti artificiali o naturali.
Quelli artificiali li conosciamo tutti (aspartame, ciclamato, acetulsulfame), quelli naturali sono meno diffusi, tra questi ricordiamo lo Xilitolo e la Stevia Rebaudiana (Stevia).
Quest’ultima non è molto conosciuta nel nostro paese in quanto fino a qualche tempo fa vietata, ora è consentita la coltivazione e la commercializzazione ma non il suo utilizzo ai fini alimentari. In Giappone, ad esempio, è molto diffusa e la Coca-Cola la utilizza per la produzione delle sue bevande dietetiche in sostituzione dei dolcificanti artificiali.
Utilizzarla non è difficile, basta fare essiccare le foglie e successivamente ridurle in polvere. Questa può essere utilizzata come dolcificante, considerate che un quarto di cucchiaino da caffè, di polvere, dolcifica come un cucchiaio di zucchero.
Prima di concludere dedichiamo due parole agli sportivi.
Gli integratori di carboidrati (maltodestrine) sono nati per cercare di mantenere, durante la competizione, un giusto apporto energetico con conseguente stabilità glicemica. Il loro dosaggio dipende dal tipo di attività svolta (intensità e durata), e sono necessarie solo quando la competizione supera l’ora di durata. Sono classificate con la Destrosio Equivalenza (D.E.) che va da un minimo di 4-6 ad un massimo di 36-39, più il valore è alto maggiore è la velocità di assorbimento per questo un buon compromesso è rappresentato da una D.E. di 20-24.
Assumerle al termine della competizione serve per ristabilire le scorte energetiche e favorire il trasporto dei nutrienti nei muscoli e nelle cellule.
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mercoledì 16 novembre 2011

Proteine

Le proteine sono definite sostanze quaternarie perché composte da: carbonio, idrogeno, ossigeno ed azoto. Formate da catene di aminoacidi contenenti un gruppo distintivo R, o catena laterale, legato ad un atomo di carbonio; il gruppo R contraddistingue l’individualità chimica di ogni aminoacido.
Questi si uniscono tra di loro attraverso un legame peptidico, più aminoacidi legati tra loro da un legami peptidici formano una catena polipeptidica che da origine ad una proteina semplice.
La funzione delle proteine è quella plastica (o ricostruttiva) perché costituiscono la sostanza fondamentale delle cellule organiche, infatti all’interno del corpo umano sono il 50% del peso di tutti i componenti organici e il 14 – 20% del peso totale di una persona sedentaria, percentuale che cresce fino al 35 – 40% in un atleta di potenza. All’interno del corpo troviamo sostanze biologiche di natura proteica fondamentali per il suo funzionamento (emoglobina, insulina, ormoni ipofisari) unite ad altre forme proteiche fondamentali per il sistema immunitario.
Oltre alla funzione plastica le proteine hanno una funzione energetica, attraverso la loro ossidazione nei vari cicli metabolici vengono prodotti i lipidi e glucidi necessari. Questo processo non avviene in senso contrario, le proteine possono essere ottenute solo attraverso gli aminoacidi e non dall’ossidazione di lipidi e glucidi.
La prima fase del processo digestivo avviene nello stomaco attraverso la pepsina che demolisce la proteina in frammenti più semplici, questa passando poi nell’intestino tenue viene ulteriormente demolita e, attraverso un insieme di enzimi, trasformata in aminoacidi.
Il fabbisogno proteico giornaliero è influenzato da diversi parametri e viene quantificato in base alla massa magra in quanto a parità di peso totale cambia la composizione corporea di una persona. Uno sportivo di 80 Kg con il 10 % di massa grassa avrà una massa magra di 72 Kg, un sedentario di 80 Kg con il 20 % di massa grassa avrà 64 Kg di massa magra. Conoscendo la propria massa magra si può quantificare il fabbisogno proteico giornaliero: in una persona sedentaria il fabbisogno si attesta tra 0,9 e 1,2 gr. per Kg di peso, in atleti professionisti può arrivare a 2,5 gr. per Kg di peso.
All’aumentare dell’attività muscolare deve aumentare il fabbisogno proteico, sia per finalità energetica ma soprattutto per esigenze plastiche, negli atleti di potenza ma anche per chi pratica sport aerobici. Pensiamo al ciclismo o alla corsa di fondo dove lo sforzo aerobico è ad alta intensità e protratto per lungo tempo, in questi due casi se abbiamo un apporto proteico insufficiente entriamo in catabolismo muscolare (i muscoli si disgregano per ottenere le proteine a scopo energetico).
L’apporto proteico ottimale rappresenta il 15 – 20% del fabbisogno calorico giornaliero, valore da tenere in considerazione perché un eccesso di proteine (le famose diete proteiche) possono portare alla chetosi e comportano gravi danni renali molte volte irreversibili. Oltre alla quantità bisogna considerare anche la qualità delle proteine che vengono consumate, le proteine vegetali non sono assimilabili a quelle animali ma sono entrambe necessarie. Considerate che servono 9 Kcal per ottenere 1 Kcal passando dai vegetali alla carne e per ottenere 1 gr. di proteine della carne sono necessarie 4 gr. di proteine dei cereali.
Interessante, soprattutto per chi pratica sport, è il dispendio metabolico digestivo: nelle proteine è molto elevato il 30% contro il 6% dei lipidi e solo il 4% dei grassi. In termini di tempo il ciclo digestivo completo avviene in circa 3 ore; tutti questi valori vanno considerati nell’alimentazione pre-gara o pre-attività fisica.
Come abbiamo visto le proteine sono composte da catene di aminoacidi che vengono sintetizzati dal nostro corpo al momento del bisogno, questo è possibile per tutti gli aminoacidi ad esclusione di otto aminoacidi chiamati essenziali: ISOLEUCINA, LEUCINA, LISINA, METIONINA, FENILALANINA, TREONINA, TRIPTOFANO, VALINA.
Questi otto aminoacidi non potendo essere sintetizzati dal corpo devono necessariamente essere introdotti con l’alimentazione, l’assenza anche di uno solo di questi non permette la sintesi proteica. Ecco perché se la quantità di un aminoacido essenziale limita la sintesi proteica viene definito limitante.
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lunedì 7 novembre 2011

Metabolismi energetici nell'attività fisica

Nel praticare attività fisica il nostro corpo necessita di energia che ottiene attraverso la  scomposizione dei vari nutrienti introdotti con l’alimentazione, la sua quantificazione avviene attraverso un’unità di misura: la caloria. Quest’ultima indica l’energia necessaria per aumentare di un grado centigrado (da 14,5°C a 15,5°C) la temperatura di un grammo d’acqua distillata alla pressione di un’atmosfera. Se invece si parla di chilocaloria (Kcal), indichiamo l’energia necessaria ad aumentare la temperatura di un chilogrammo d’acqua.
Quando associamo le calorie agli alimenti, indichiamo l’energia sviluppata da quest’ultimi ed utilizzata dal nostro corpo per muoversi; diversa dall’energia utilizzata dalle cellule, necessaria per il funzionamento dei vari metabolismi energetici del corpo umano.
L’ATP (adenosin-tri-fosfato) è conosciuta come l’energia universale e fondamentale per le cellule, la sua caratteristica è che deve essere continuamente risintetizzata in quanto le cellule stesse non hanno possibilità di accumularne grandi scorte. Viene prodotta sia attraverso la scomposizione chimica (catabolismo) dei nutrienti (carboidrati, grassi, proteine), sia dall’ossidazione di molecole altamente energetiche.
La CP (creatina fosfato) è la molecola che sprigiona più energia attraverso l’idrolisi: 10,3 Kcal, quantitativo nettamente superiore all’energia necessaria per ottenere ATP dall’ADP (adenosin-di-fosfato): 7,3 Kcal.
Il quantitativo di CP presente nei tessuti e molto superiore al quantitativo di ATP, per questo il passaggio da CP ad ATP è molto rapido nelle attività che richiedono molta potenza in breve tempo. I livelli di ATP vengono ripristinati anche durante il riposo, in questi casi si può verificare la condizione che abbiamo più scorte di ATP che CP consentendo il processo contrario: produrre CP da ATP.
Tutta questa premessa serve a comprendere meglio il funzionamento dei vari metabolismi energetici: METABOLISMO ANAEROBICO ALATTACIDO, METABOLISMO ANAEROBICO LATTACIDO, METABOLISMO AEROBICO.
METABILISMO ANAEROBICO ALATTACIDO: si ottiene ATP partendo dalla CP in assenza di ossigeno e senza formazione residua di acido lattico. Dopo aver esaurito l’ATP il muscolo può continuare la sua attività utilizzando la CP (presente in quantità superiore all’ATP); l’energia prodotta è molto potente ma disponibile per breve periodo: da 0 sec. a 8/10 sec. a causa della ridotta presenza di ATP e CP nel muscolo.
METABOLISMO ANAEROBICO LATTACIDO: l’energia ottenuta deriva dall’ossidazione dei carboidrati. Da una molecola di glucosio si ottengono 38 molecole di ATP e nella prima fase di ossidazione (glicolisi) si ottengono due molecole di ATP.
L’energia si può ottenere solo dai glucidi in quanto sono gli unici macronutrienti dai quali si può ottenere energia in assenza di ossigeno attraverso la glicolisi. Quindi la glicolisi anaerobica fornisce solo 2 molecole di ATP, per raggiungere le 38 molecole (ossidazione completa dei glucidi) è necessaria la presenza di ossigeno, ma per disporre di potenza elevata in tempi brevi (da 10 sec. a 120 sec. con ottimizzazione intorno ai 40 sec.) la via anaerobica è l’unica strada percorribile.
Il rovescio della medaglia è la produzione di acido lattico che è il risultato della degradazione del glicogeno (zucchero di deposito), il suo accumulo avviene quando la velocità del suo smaltimento è inferiore alla sua produzione; una parte di acido lattico viene trasformata dal fegato in glucosio ed immagazzinata come glicogeno.
METABOLISMO AEROBICO: L’ATP viene ottenuta dall’ossidazione dei nutrienti (compresi gli acidi grassi) in presenza di ossigeno.
I lipidi assunti con l’alimentazione vengono immagazzinati sottoforma di trigliceridi ed accumulati all’interno di diversi tessuti (muscoli compresi), ma questo accumulo avviene prevalentemente come tessuto adiposo.
Attraverso il catabolismo dei trigliceridi si libera il glicerolo che ha un’importante funzione gluconeogenetica: in condizione di carenza delle scorte glucidiche il glicerolo può essere indirizzato, da parte dell’organismo, verso la produzione di glucosio.
La degradazione degli acidi grassi (attraverso l’idrolisi) è la prima fase del catabolismo dei trigliceridi che avviene attraverso una serie di reazioni chiamate β-ossidazione. Queste reazioni si susseguono ciclicamente fino alla completa degradazione dell’acido grasso in acetil-CoA.
Nel metabolismo aerobico l’energia viene ricavata da grassi, carboidrati e proteine che vengono ossidati attraverso un insieme di reazioni conosciute come Ciclo di Krebs. Se l’attività aerobica è di bassa intensità si utilizzano più acidi grassi, se l’intensità aumenta vengono utilizzati più glucidi; in entrambi i casi i residui che si hanno sono acqua ed anidride carbonica ma non acido lattico.
Perché il Ciclo di Krebs funzioni come un orologio è fondamentale la presenza dei carboidrati necessari a sintetizzare, attraverso il piruvato, l’ossalacetato che unito all’acetil-CoA fornisce l’energia necessaria allo svolgimento del Ciclo di Krebs. Per questo motivo con la frase “I grassi bruciano al fuoco dei carboidrati” molti studiosi intendono dire che i grassi catabolizzano solo in presenza dei carboidrati.
Ricordate sia nell’esercizio fisico finalizzato alla prestazione che quello destinato al dimagrimento, in assenza di carboidrati non si ottengono i risultati desiderati in quanto i metabolismi energetici funzionano solo in presenza di questo nutriente.
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