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mercoledì 28 marzo 2012

Scarpe da running: come sceglierle

Con l’arrivo della bella stagione in molti sentono il desiderio di muoversi, l’opzione più facile (sportivamente parlando) è la corsa. Con questo non dobbiamo sottovalutare la scelta dell’attrezzatura. Per la parte superiore del corpo (maglietta e pantaloncini) abbiamo molta varietà e nessuna controindicazione riguardo la tipologia degli indumenti; l’unica raccomandazione è quella di indirizzarci su di un abbigliamento fresco soprattutto per la stagione più calda.
Altro discorso riguarda le scarpe, qui dobbiamo stare molto attenti perché non tutti i prodotti sono uguali e una scelta non idonea, può comportare infortuni o traumi che possono essere facilmente evitati con alcuni accorgimenti. Negli ultimi anni la tecnologia, in questo settore, ha fatto passi da gigante, consentendo a tutti gli atleti (dai professionisti ai principianti) di scegliere le scarpe più adatte alle proprie caratteristiche.
QUALE SCARPA SCEGLIERE?
La scarpa da running è quindi fondamentale quando decidiamo che è davvero arrivato il momento di iniziare ad allenarci. Se è la prima volta, o pensiamo di fare “Solo un paio di corsette alla settimana”, non cadiamo nell’errore di sottovalutare l’importanza di un’adeguata calzatura.
La scarpa da running giusta è importante, perché deve rispondere a due requisiti: il primo è sollecitare la risposta elastica del piede, sfruttando al massimo la corsa; il secondo invece è attutire nella giusta misura, l’impatto del piede con il terreno evitando così i traumi che ne conseguono.
Nella prima fase il piede atterra al suolo e parte dell'impatto è ammortizzato dalla scarpa. A seconda del tipo di terreno e della scarpa, una parte dell'energia d'impatto viene restituita (energia elastica); l'altra dobbiamo mettercela noi per continuare a mantenere la stessa velocità (è per questo che si fa fatica: se tutta l'energia d'impatto ci fosse restituita, basterebbe fare il primo passo e si correrebbe all'infinito). Da questo discorso capiamo una cosa: la scarpa con il miglior ammortizzamento, non rappresenta, sempre, la miglior scelta proprio perché più energia viene assorbita dalla scarpa più fatica si fa nella corsa, di conseguenza maggiore è lo sforzo muscolare per mantenere la velocità desiderata (maggior traumatismo a livello muscolare e tendineo).
Pensiamo alla corsa sulla sabbia: è il terreno con il maggior ammortizzamento possibile ma proprio per questo ha il minor ritorno elastico. Si fa si più fatica (il dispendio energetico è circa doppio rispetto all’asfalto), ma si sollecita maggiormente tutto l’apparato muscolo-scheletrico inferiore.
Altro fattore da prendere in considerazione è quello del peso, sia dell’atleta che della scarpa. Gli atleti vengono classificati in tre categorie: leggero sotto i 60 Kg, medio tra 60 e 75 Kg, pesante oltre i 75 Kg. Il peso della scarpa è importante perché 100 gr in più ai piedi corrispondono a 500 gr in più in vita.
APPOGGIO PLANTARE
Come appoggiamo il piede?
Rispondere a questa domanda è assolutamente fondamentale nella scelta della scarpa, perché dall’appoggio dipendono anche gli altri requisiti base.
Quando il peso del nostro corpo, dopo la fase di volo in cui lo alziamo dal suolo, si scarica sul terreno a noi sottostante, l’arco plantare e la pianta del piede tendono ad avere un cedimento verso l’interno con un effetto di ammortizzazione naturale e successivo rilascio di energia elastica. Questo tipo di appoggio è detto appoggio neutro o pronazione fisiologica. Se invece la pronazione è superiore all’elasticità parliamo di un iperpronatore, e se è inferiore di un ipersupinatore.
PRONAZIONE ECCESSIVA (IPERPRONAZIONE O PIEDE PIATTO) - Una pronazione eccessiva fa sì che il piede continui a ruotare dopo l’impatto sul terreno invece di cominciare la fase di spinta. Questo causa una tensione eccessiva al piede, alla zona tibiale e al ginocchio e può causare dolore in queste aree. Chi corre in questo modo potrà riscontrare un’usura eccessiva sul lato interno delle calzature, che saranno inclinate verso l’interno se appoggiate su una superficie piana.
Se rientriamo in questa categoria dobbiamo indossare calzature dalla forma diritta o comunque con una curvatura poco accentuata. Scarpe specifiche in grado di controllare la stabilità della corsa, con suole multidensità e altre caratteristiche contro la pronazione sono la scelta ideale. Infine, poiché questa impostazione erronea provoca tensione e rigidità muscolare, fate stretching.
SUPINAZIONE ECCESSIVA (IPERSUPINAZIONE O PIEDE RIGIDO) - Un eccesso di supinazione causa una rotazione insufficiente del piede dopo l’impatto sul terreno. Questo provoca una tensione eccessiva al piede e può provocare l’infiammazione del tendine d’Achille e fascite plantare.
Le scarpe avranno un’usura accentuata nella parte laterale esterna; collocate su una superficie piana risulteranno inclinate verso l’esterno.
Se rientriamo in questa categoria dobbiamo indossare calzature adeguate al problema specifico, possibilmente leggere, in modo da consentire una maggiore libertà di movimento al piede. È importante anche la flessibilità della zona centrale interna della calzatura. Anche in questo caso lo stretching è utile soprattutto per polpacci, tendini del ginocchio e quadricipiti.
CLASSIFICAZIONE DELLE SCARPE DA RUNNING
Le scarpe da running utilizzano un tipo particolare di classificazione adottata da tutte le riviste italiane del settore, proviamo a spiegarla.
A1 - SUPERLEGGERE: si tratta di scarpe molto leggere e veloci. Hanno una forma curva e un peso ridotto, massimo 250 grammi e presentano un dislivello ridotto tra il tallone e l’avampiede. Il loro fondo è generalmente piatto e sono state pensate per una funzione ammortizzante molto limitata. Ottime per una gara. Permettono una grande flessibilità e un’ottima risposta reattiva. Sono sconsigliate ai pronatori.
A2 - INTERMEDIE: sono scarpe che presentano una discreta leggerezza ma un peso diciamo tra i 250 e i 290 grammi. Sono un ottimo compromesso tra controllo del movimento del retro del piede e una maggior flessibilità ed elasticità dell’avampiede. Presentano una forma semicurva e un dislivello medio. La loro funzione di ammortizzamento è buona, in alcuni casi sono dotate di supporti di controllo del movimento il cui intervento è comunque limitato. Gli atleti più in forma e quelli leggeri possono usare questo genere di scarpe anche per gli allenamenti. I podisti più pesanti o i meno veloci le possono utilizzare come scarpe da gara.
A3 - MASSIMO AMMORTIZZAMENTO: a questa categoria appartengono quelle scarpe il cui peso oscilla tra i 300 e i 400 grammi senza mai superarli. La loro forma è semicurva o dritta, con un dislivello che mira a salvaguardare i tendini e le articolazioni da possibili infortuni. Il controllo del movimento è stato sacrificato per offrire un ottimo effetto di ammortizzamento e una buona flessibilità. Questi modelli sono quelli più usati dai podisti negli allenamenti e, di norma, sono i più indicati per qualsiasi chilometraggio (da 2 a 100 km a piacere). Sono l'ideale per gli atleti con l'appoggio neutro o in inversione (piede rigido). Inoltre, il 90% dei corridori che utilizzano plantari personalizzati usano scarpe di questa categoria.
A4 - STABILI: sono scarpe con peso tra i 300 e i 400 grammi e forma dritta. Sono pensate per chi soffre di piede piatto (iperpronatori alcuni modelli sono indicati anche per i pronatori lievi) e tende a rovinare le calzature piegandole verso l’interno. Nei modelli con il peso più vicino ai 300 grammi si verifica un buon compromesso tra ammortizzamento e stabilità. Resistono ai movimenti del piede sull'asse longitudinale mediano senza che si verifichi una deformazione permanente nella loro struttura. In alcuni modelli di peso contenuto si può trovare un buon compromesso tra ammortizzamento e stabilità. Tutte le scarpe di questa categoria sono decisamente sconsigliate ai supinatori.
A5 – TRAIL RUNNING: scarpe per la corsa fuori strada che si pratica in completa libertà sui viottoli di campagna, i sentieri dei boschi, i greti dei torrenti, le dune del deserto, per questo le scarpe devono essere "speciali". Le calzature di questa categoria sono infatti dei piccoli carri armati, leggeri ma indistruttibili, capaci di garantire il massimo della prestazione anche sui fondi più scivolosi e difficili. La suola deve avere un disegno che non trattiene la terra ed è realizzata in materiali che assicurano aderenza anche sul bagnato e con le basse temperature. · L'intersuola, oltre a proteggere il piede dalle asperità del terreno, deve assicurare una buona ammortizzazione. La tomaia è studiata per contenere bene il piede ed essere rinforzata nei punti dove possono verificarsi impatti, come ad esempio sulla punta. La calzata dev'essere perfetta, il piede non deve assolutamente "ballare" e la scarpa deve dare una sensazione di tenuta.


Riepilogo classificazione scarpe da running


QUANTO DURA UNA SCARPA DA RUNNING?
Ogni atleta è diverso sia sotto l’aspetto fisico (peso) che sotto l’aspetto morfologico (tipo di corsa), per questo non è possibile quantificare a livello assoluto la durata di una scarpa, possiamo però indicare valori (per scarpe di qualità medio-alta) chilometrici oltre i quali non è consigliabile andare.
Gli esperti del settore, sostengono che la relazione fra durata di una scarpa e la sua tipologia sia attualmente la seguente:
A1 - da 150 a 300 km
A2 - da 250 a 500 km
A3/A4 - da 500 a 1.000 km
Quindi la durata di una scarpa da running non può superare i 1.000 km. Questa distanza si può convenzionalmente assumere come distanza critica: è una distanza massima, che può ulteriormente diminuire in particolari circostanze.
TOMAIA, SUOLA,INTERSUOLA: i sistemi di ammortizzamento e i materiali impiegati dalle aziende leader permettono oggi di dire che se uno dei tre componenti esterni della scarpa si degrada troppo presto, il modello è decisamente sbagliato rispetto al runner. In altri termini, se la tomaia si fora, se dopo 100-200 km l'intersuola non è più reattiva o se il battistrada è decisamente usurato prima della distanza critica, dovete probabilmente rivolgervi a un altro tipo di scarpa.
CLIMA: i materiali con cui sono costruite le scarpe possono essere meccanicamente molto resistenti, ma termicamente lasciano un po' a desiderare. Il poliuretano è sensibile alle basse temperature, mentre il gel alle alte. Idealmente la temperatura della scarpa dovrebbe stare fra i 5 e i 25 °C, ma, anche se il runner osserva questo intervallo, non si può essere certi che lo stoccaggio nei magazzini prima della vendita non abbia fatto danni. Per questo motivo vecchi modelli dati in offerta possono essere molto più "rischiosi" di modelli appena usciti sul mercato.
LAVAGGIO E ASCIUGATURA: l'impiego della scarpa d'inverno o d'estate in genere non è particolarmente stressante perché raramente si corre con temperature veramente critiche (sotto zero o sopra i 35 °C); di solito è più stressante il lavaggio in lavatrice (anche a 30 °C) e la successiva asciugatura vicino a fonti di calore non sufficientemente schermate. Le scarpe andrebbero lavate con acqua fredda, a mano e fatte asciugare a temperatura ambiente, semmai in luogo ventilato.
In conclusione, comprate scarpe adatte al tipo di allenamento che volete fare e non fatevi fuorviare dal prezzo o dall’estetica, considerate che sono il mezzo che vi evita infortuni e vi permette di eseguire la corsa nel miglio modo possibile. Se non sapete che tipo di appoggio plantare avete, rivolgetevi ad uno specialista o chiedete al vostro medico di base l’esame medico specifico.
Se vi rimangono ancora dei dubbi, rivolgetevi ad un negozio specializzato in scarpe da running (non alla grande distribuzione mi raccomando) perché sicuramente sapranno darvi i giusti consigli, guidandovi nella scelta.
A questo punto non mi rimane che augurarvi, buon allenamento!
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sabato 10 marzo 2012

Attività sportiva nel bambino

L’educazione alla pratica dell’attività fisica deve iniziare fin da bambini, attraverso un approccio di tipo ludico in modo da fare avvicinare il bambino allo sport con divertimento. E’ fondamentale, per  il bambino, che anche i genitori pratichino attività sportiva (di qualunque tipo essa sia) in modo da stimolarli, creando un senso di emulazione verso i genitori.
Se riusciamo in questo intento, creiamo nei nostri figli un’abitudine allo sport che difficilmente verrà abbandonata nel corso del tempo perché diventerà parte integrante della loro giornata; l’importante è non obbligarli (evitiamo di voler creare dei campioni ad ogni costo). Se la pratica da divertimento passa ad imposizione roviniamo tutto, ricordatevi che i campioni si formano perché praticando sport con divertimento il bambino tira fuori il meglio di se senza nessuna fatica (i campioni con la C maiuscola sono “baciati” dalla natura e non nascono tutti i giorni).
Non va dimenticata l’alimentazione, uno sportivo di buon livello ottiene risultati se si alimenta nella giusta maniera, anche in questo caso le corrette abitudini portano solo vantaggi. Abituiamo i bambini ed i ragazzi a non assumere integratori, nella maggior parte dei casi non servono, se la pratica sportiva è sorretta da un’adeguata alimentazione, diffidiamo dagli allenatori che ritengono necessaria l’assunzione di qualunque tipo di “extra” alimentare. Se vediamo che nostro figlio “accusa” gli allenamenti rivolgiamoci sempre ad uno specialista, in questo caso un medico nutrizionista (mi raccomando che sia laureato in scienze dell’alimentazione), vedrete che per risolvere il suo senso di fatica vi modificherà l’alimentazione ottimizzandola sullo sport che pratica.
Per fare capire il perché l’attività fisica è importante fin da piccoli, riporto i dati provenienti dalla “Relazione sullo stato sanitario del Paese 2001-2002” riguardanti l’attività fisica dove emerge un preoccupante andamento: aumenta il numero dei sedentari e tale fenomeno assume particolare rilievo nelle fasce di età giovanile.
E ‘ stata documentata una spiccata riduzione del numero di ragazzi praticanti un’attività sportiva e tra i giovani di 18-19 anni, la quota di persone completamente inattive, pari a 18,1% nel 1997, ha raggiunto il 24,3% nel 2001.
Anche nella fascia di età tra i 6 e i 10 anni aumentano i comportamenti sedentari, più di un bambino su 5, pari al 21,6%, non svolge alcuna attività fisica nel tempo libero, nel 1997 la percentuale era del 17,1%.
Con l’aumentare dell’età e del grado di scolarità diminuisce la percentuale di sportivi abituali a tal punto che solo il 29% tra i 35 e i 44 anni si muove regolarmente.
Come vedete, da questi dati viene fuori che la pratica sportiva non è diffusa nel nostro paese ed è un peccato perché la pratica regolare, non necessariamente intensa, apporta solo dei benefici.
Basti pensare che con almeno 15-20 minuti di attività aerobica al giorno (senza arrivare alla pratica quotidiana, possiamo abituarli ad eseguire sport almeno 2/3 volte le settimana per un tempo non inferiore ai 60 minuti), i bambini e ragazzi riescono a:
- mantenere sani ed efficienti il tessuto osseo e le articolazioni
- costruire delle buone masse muscolari
- ridurre il grasso corporeo
- mantenere un buon peso
- prevenire lo sviluppo di pressione alta e aiutare la diminuzione della pressione negli adolescenti con ipertensione
- migliorare le capacità di apprendimento.
L’ultimo punto è emerso in uno studio che mostra la correlazione tra sport e l’apprendimento. I risultati finali della ricerca hanno evidenziato che bambini che svolgono, oltre all’attività intellettuale, anche quella fisica hanno lo stesso rendimento scolastico dei bambini che hanno studiato un’ora in più, evidenziando una maggior capacità di apprendimento in alcune particolari discipline come, ad esempio, la matematica.
L’attività motoria assume, inoltre, un ruolo decisivo sia come canale di sfogo della naturale esuberanza, sia come formazione ed educazione generale, migliorando l’adattabilità del ragazzo agli impegni quotidiani, consentendo un buon controllo emotivo, una migliore autostima e aumentando la capacità di socializzazione. In questo sono fondamentali gli sport di squadra dove oltre alla parte atletica il bambino impara a convivere, fidarsi, rispettare i suoi compagni di squadra, abitudini che diventano utili e necessari sia nella vita scolastica che quotidiana.
Se a tutto ciò si aggiunge l’efficacia indiscussa di un’attività sportiva sulla salute fisica, è chiaro che lo sport risulta utile sin dai primi anni d’età.
A questo punto ai genitori sorgono almeno due domande: verso quale tipo di sport indirizzo mio figlio? Qual è lo sport migliore sotto l’aspetto dello sviluppo?
Normalmente si cerca uno sport “completo”, ma non esiste uno sport “omnicomprensivo” perché ogni tipo di attività fisica ha le proprie caratteristiche che stimolano l’apparato muscolo-scheletrico del bambino in modo diverso.
Normalmente identifichiamo nel nuoto lo sport completo per eccellenza (sotto l’aspetto muscolo-scheletrico è il massimo nello sviluppo del bambino), ma non è corretto perché alcune qualità quali l’abilità di coordinare il corpo rispetto allo spazio circostante (la propiocettività),  la capacità di saltare, correre o lanciare oggetti e la capacità di socializzare e di lavorare insieme agli altri per un obiettivo comune, non vengono sviluppate.
Allora, quale sport devo scegliere per mio figlio?
Per prima cosa dobbiamo vedere se la richiesta di svolgere uno sport in particolare arriva dal bambino o dal genitore. Solitamente i bambini hanno voglia di muoversi, molto spesso i genitori lo indirizzano verso una disciplina comoda a loro sotto l’aspetto organizzativo. Un consiglio, non cadete in questo errore, imponendo lo sport al bambino il più delle volte si ottiene l’effetto contrario: odiare l’attività fisica in generale.
Quando il vostro bambino “vuole” quello sport, assecondatelo ed al limite aiutatelo nella scelta e se succede che la scelta non piace, non c’è problema, cambiate tipo di sport oppure associazione sportiva. Il più delle volte “l’odio” del cucciolo verso quella pratica sportiva deriva dall’incapacità dell’allenatore, allenare i bambini non è facile perché l’approccio deve essere sempre positivo e propositivo.
Per questo anche la scelta della società sportiva a cui ci rivolgiamo è importante, indirizziamoci verso gruppi sportivi che hanno esperienza con i bambini, perché gli obbiettivi che fanno raggiungere ai loro piccoli iscritti è merito degli allenatori che hanno. Sicuramente ottengono questi successi perché i bambini nei loro corsi si divertono e divertendosi imparano più facilmente, senza imposizioni o fatica ma al contrario riescono a percepire l’agonismo come divertimento e non come un obbligo.
Ai fini della scelta dell’attività fisica è necessario anche considerare il fattore auxologico (l’auxologia studia e cura la crescita fisica della persona nell'età evolutiva), tra i 5 e i 6 anni nel bambino c’è il primo allungamento, che consiste in una spinta in lunghezza che interessa soprattutto l’apparato osseo, più che quello muscolare e che si incentra soprattutto nelle gambe. Accade quindi che lo scheletro aumenti di peso, le leve ossee si allunghino senza che vi sia, però, un adeguamento della forza muscolare. La colonna vertebrale può tendere ad incurvarsi, dando origine ad attitudini quali la cifosi e la scoliosi, soprattutto quando lo sviluppo non è perfettamente simmetrico sul lato sinistro e su quello destro del corpo, ecco perché è consigliabile scegliere sport simmetrici evitando quelli asimmetrici che sviluppano solo un lato del corpo a discapito dell’altro. Dai 7 anni incrementa la capacità respiratoria, quindi la colonna vertebrale e la gabbia toracica soffrono particolarmente se manca un’adeguata attività fisica. Dagli 8 anni, invece, c’è un certo aumento della massa e della forza muscolare che, se oculatamente guidata, porta a supplire alle carenze dei periodi precedenti.
In conclusione non vi dirò mai scegliete questo sport invece di quello, ma vi posso dare alcuni consigli per aiutarvi nella scelta:
- parlate con vostro figlio per capire cosa desidera ed aiutatelo nella scelta perché nessuno meglio di voi genitori consce il vostro bambino;
- scegliete polisportive che abbiano una ottima esperienza nell’approccio con i bambini, per sapere questo informatevi anche da altri genitori per sapere le loro esperienze;
- quando avete scelto l’indirizzo sportivo e la società sportiva, andate a conoscere di persona l’allenatore in modo da capire chi è e qual è il suo “pensiero sportivo”,  considerate che sarà la persona che crescerà vostro figlio nello sport;
- tutti gli sport fanno bene e tutti gli sport fanno male, è come vengono insegnati che fanno pendere l’ago della bilancia verso l’una o l’altra parte (ecco perché l’allenatore è importante);
- scegliete sport simmetrici ovvero sport che sviluppano simultaneamente entrambi i lati del corpo.
A questo punto non mi resta che augurarvi, a voi genitori ed ai vostri cuccioli, buon allenamento con tanto divertimento.
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