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venerdì 2 novembre 2012

Stretching

Stretching si, stretching no, stretching prima, stretching dopo, stretching quando? Questa attività di preparazione muscolare, da molti anni ha alti e bassi nella sua applicazione e divulgazione; tutto ciò è dovuto principalmente alla vasta bibliografia sull’argomento ed alle “mode” che lo hanno colpito negli anni.
Se vediamo lo stretching solo dal lato fisiologico (la classica domanda serve o no?), dovrei scendere in terminologie di difficile comprensione, per questo cercherò di essere il più chiaro possibile nell’esporre i vantaggi di questa pratica.
Storicamente le prime testimonianze di questa attività le ritroviamo in Cina e Tailandia, questo è dovuto al fatto che le principali discipline sportive praticate nel continente Asiatico erano e sono le arti marziali che necessitano di ottima elasticità muscolare.
In Italia la traduzione letterale del verbo to stretch (allungare, stirare) ha portato ad una sua cattiva comprensione ed applicazione: non dobbiamo vedere lo stretching come un semplice allungamento muscolare perchè è un’attività che coinvolge tutto il distretto muscolo-scheletrico. Per capire questa differenza pensiamo ai gesti naturali che, inconsapevolmente, eseguiamo nella vita quotidiana: gli stiramenti che si fanno in presenza di indolenzimenti (schiena, spalle o gambe) dovuti alla fatica;  non allunghiamo solo il muscolo, ma alleviamo la fatica coinvolgendo anche tendini ed ossa.
Da questo mini excursus si possono iniziare a comprendere i vantaggi della pratica: flessibilità muscolare, cioè aumento dell’escursione articolare (ricordate questo passaggio). Se manteniamo un buon livello di flessibilità possiamo migliorare la performance e prevenire gli infortuni (?????). Vi chiederete il perché dei punti interrogativi al fianco della prevenzione degli infortuni, il motivo è semplice: escursione articolare.
Attraverso lo stretching aumentiamo la flessibilità quindi la capacità di escursione articolare, ma non in tutti gli sport questo è sinonimo di prevenzione: dipende dal tipo di lavoro muscolare che si vuole svolgere.
Quando un muscolo viene allungato, i recettori muscolari segnalano uno stato di tensione da allungamento, questa è una sorta di difesa che evita stiramenti eccessivi, il cosiddetto overstretching, che possono causare uno strappo delle fibre muscolari. Per evitare queste complicazioni dobbiamo prima eseguire un buon riscaldamento e solo successivamente lo stretching, in modo da far cedere lentamente e fisiologicamente il muscolo. Così facendo aumentiamo il suo campo di lavoro attraverso la maggiore mobilità del distretto interessato dall’allungamento.
Da questa semplice spiegazione capiamo perché eseguire lo stretching prima di allenamenti di forza (body building ad esempio) può causare infortuni dovuti all’eccesso di mobilità. Pensiamo alle distensioni su panca piana con manubri: quando siamo nella fase negativa del movimento (braccio parallelo al terreno) raggiungiamo il massimo allungamento muscolare, a questo punto i ricettori muscolari ci segnalano il “pericolo” e impongono la spinta verso l’alto (fase positiva). Questo limite può essere alterato dallo stretching pre-esercizio in quanto aumentando il campo di mobilità aumentiamo il limite fisiologico; questo, specie negli esercizi massimali, può causare stiramenti o strappi muscolari.
Negli sport aerobici (ciclismo, running) o negli sport con elevati raggi di azione (arti marziali), lo stretching pre-attività è necessario proprio per il fatto che aumenta il “raggio di azione” delle articolazioni interessate.
Come vedete questa pratica sportiva è necessaria ed utile se fatta in modo corretto e comunque se preceduta da un adeguato riscaldamento muscolare (lo stretching non sostituisce il riscaldamento).  Al contrario lo stretching eseguito dopo la prestazione, sia essa di potenza che di durata, è utile e necessario a defaticare la muscolatura.
Non esiste un solo tipo di stretching, generalmente l’allungamento viene diviso in due metodi: il primo è statico il secondo è dinamico. Il metodo statico consiste nel mantenere la posizione per  un tempo che varia da 15 a 30 sec., il metodo dinamico è associato a movimenti più o meno rapidi. Entrambi i metodi possono essere eseguiti in modo attivo (contrazione dei muscoli antagonisti per allungare i muscoli agonisti) o passivo (eseguire i movimenti aiutati da attrezzi o coadiuvati da un partner).
STRETCHING BALISTICO
E’ il primo tipo di stretching conosciuto, non è più utilizzato perché è pericoloso in quanto sollecita il riflesso miotatico inverso. E’ un riflesso incondizionato che impone al muscolo, sottoposto ad una brusca tensione d'allungamento, a reagire con una rapida contrazione, aumentando il rischio di trauma muscolo-tendineo; motivo per il quale altri tipi di stretching sono preferibili a questo. La sua esecuzione è molto semplice: si arriva in posizione di massimo allungamento e poi si tenta di andare oltre questa posizione con un movimento brusco e violento.
STRETCHING DINAMICO
Lo Stretching dinamico prevede movimenti la cui escursione articolare aumenta progressivamente, così come la velocità d'esecuzione, da non confondersi con lo stretching balistico.
Si utilizza prevalentemente nel riscaldamento, è consigliato per sport caratterizzati da movimenti ad alta velocità in quanto migliora l’elasticità di muscoli e tendini. Il muscolo agonista, attraverso contrazioni veloci, allunga il muscolo antagonista (quello che vogliamo allungare).
Si esegue slanciando gambe o braccia in una direzione senza molleggi o dondolamenti, attraverso oscillazioni controllate, si arriva dolcemente e progressivamente ai limiti della propria capacità di escursione articolare (pensate alle oscillazioni alla sbarra degli arti inferiori nella danza classica).
STRETCHING STATICO
E’ il sistema di stretching più conosciuto, si esegue raggiungendo il punto di massimo allungamento lentamente in modo da non stimolare il riflesso da stiramento. Una volta raggiunta la posizione, va mantenuta per un tempo che può variare dai 15 ai 30 secondi, è fondamentale che durante l’allungamento non venga superata la soglia del dolore.
STRETCHING STATICO ATTIVO
Prevede posizioni di grande ampiezza articolare, il cui mantenimento avviene attraverso la contrazione isometrica dei muscoli agonisti, rilassando i muscoli antagonisti. Con questo tipo di stretching oltre a rendere flessibili gli antagonisti, rafforziamo gli agonisti attraverso la loro contrazione; la posizione va tenuta per non più di 10/15 secondi.
Contrazione isometrica: Quando un muscolo si contrae isometricamente si crea tensione senza accorciamento perché il carico è uguale alla forza muscolare, entrambi i capi del muscolo non devono essere in grado di muoversi. La tensione muscolare si sviluppa attraverso uno stimolo elettrico e non attraverso la contrazione.
In definitiva, lo stretching, può essere o la strega cattiva, o la fatina buona, dipende da come viene eseguito. Ricordiamoci che non sostituisce il riscaldamento muscolare, ma ne è parte integrante e deve essere calibrato sullo sport che viene praticato per aiutare ad accrescere le performance atletiche. Se si seguono questi semplici accorgimenti, miglioriamo la nostra vita sportiva e non incorriamo in infortuni che possono essere non solo fastidiosi ma anche dolorosi.
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